8 Marzo, festa discriminante

Lotto da quando m’arzo,

diceva una vignetta geniale di qualche anno fa sulla festa della donna. C’era una mamma sui 40 che spingeva un passeggino, trafelata, agitata, stremata, l’ultimo dei suoi problemi era festeggiare l’8 marzo.

Ancora oggi l’otto di Marzo viene troppo spesso considerato come trionfo del femminismo, dove ci si regala le mimose e alcune donne, tra le quali quelle che durante il resto dell’anno piegano la testa alle prepotenze ancora molto in voga, soggiogate da situazioni familiari scomode e tenute nascoste. Ma è altrettanto sbagliato sentir parlare di quote rosa, posti riservati alle donne, e altre discriminanti di questo genere…è proprio questa la prima discriminazione, eliminare completamente questa componente forse sarebbe un ottimo punto di partenza.

Il vero significato, ormai desueto e comunque criticabile nella sua essenza, è quello di ricordare le donne che sono state disposte a rischiare e perdere la vita per battersi per qualcosa di importante e per l’eguaglianza. Le stessa eguaglianza che oggi, con questa festa discriminante, in assenza di una festa dell’uomo che sarebbe altrettanto becera, appare non garantita. A parte quindi la diffusa ignoranza sull’origine della festa in questione, la mimosa alimenta il mercato dell’illegalità: i cosiddetti “rosari” (in questo caso “mimosari”) ambulanti fanno affari d’oro al semaforo e nelle birrerie la sera, quando poi c’è la fortuna che la festa capiti nel fine settimana: oggi è domenica, che sollievo! Nel 2015 appare, oltreché limitativo (le donne, gli uomini ed i bambini vanno rispettati tutto l’anno) addirittura umiliante dedicare un giorno per tutelare i diritti di una categoria che comprende metà della popolazione umana, ormai sulla via della definitiva equiparazione. Nel governo italiano ci sono più donne che uomini, ma forse per una supposta persistente inferiorità di genere quest’omaggio ad una recente tradizione ancora oggi appare tollerabile. Non c’è assolutamente bisogno di ricordare che le donne hanno tutti i diritti degli uomini; questa festa sminuisce il significato di emancipazione. Il festeggiamento di una cosa fondamentale nell’ esistenza di un individuo rende l’ oggetto della festa una cosa posta “su un piedistallo”, mentre i diritti alle donne devono essere alla portata di tutte. Vedere donne che festeggiano i loro diritti vuol dire non accorgersi che sono una cosa fondamentale. Oltre l’illegalità delle vendite in strada di mimose che lasciano un olezzo disgustoso da parte di individui discutibili, dietro c’è un consumismo degno del peggior san Valentino. Considerando i ripetuti stupri ed assassinii di giovani donne sul suolo del nostro paese avremmo molto più necessità di una educazione civica rivista e fortemente presente nelle scuole superiori, dove al contrario questa materia viene completamente dimenticata, piuttosto di un giorno dedicato alle donne persistente in virtù di una viscida galanteria avallata dalle istituzioni e dai commenti smielati e patetici di politici, politicanti, persone che vogliono sentirsi importanti e ringraziate da donne e ragazze che alle cose di cui sopra, forse, non hanno ancora pensato. La donna deve essere festeggiata ogni giorno, la sua importanza non dev’essere ricordata solo l’8 marzo.